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martedì 22 febbraio 2022

PASSIONI DA COLTIVARE : "ANIME" PER SODDISFARE QUALSIASI PREFERENZA


Hinata Shoyo

 La parola "Anime"  deriva da Animēshon e in giapponese sta ad indicare qualsiasi forma di animazione, indipendentemente dall'origine geografica e dallo stile. Al di fuori del Giappone il termine viene piuttosto utilizzato per riferirsi esclusivamente alle opere di animazione di produzione giapponese.

In precedenza questi filmati “animati” venivano chiamati in due modi a seconda della provenienza, essi infatti potevano provenire dai "manga eiga", i cui disegni erano tratti da un manga, nonché un tipico fumetto giapponese o "dōga eiga" storie nate proprio come film d’animazione.

Gli anime, come li conosciamo noi oggi, nascono invece nei primi anni del Novecento. Le prime sperimentazioni hanno inizio nel 1914, grazie ad autori come Seitaro Kitayama, Oten Shimokawa e Jun’ichi Kōchi, che consistono nello sperimentare quest’arte dell’animare e nel filmare delle vignette disegnate su delle lavagne con dei gessetti.  Ciò rende quasi difficile il pensare che da tali azioni potessero nascere, poi, grandi e meravigliose "opere" in grado di crescere numerosi individui fin dall'infanzia.

L'Italia, infatti, bisogna riconoscere, è stato uno dei primi paesi occidentali ad importare anime e, soprattutto tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta furono oltre un centinaio le serie acquistate, probabilmente come in nessun altro paese occidentale, prevalentemente ad opera della Rai. Il primo personaggio arrivato su schermo è Astro Boy di Osamu Tezuka, mentre nel gennaio 1977, Rai 2 fece strada per un piccolo pubblico, a Vicky il vichingo, nel 1978 ad Heidi, cartone ancora oggi enormemente conosciuto e Atlas UFO Robot.

Gli anime giapponesi, come in fin dei conti i film, le serie TV o qualsiasi tipo di messa in onda tramite schermi, possiedono innumerevoli generi, ognuno di essi con al suo interno argomenti di natura spesso seria e complessa, che richiede in infiniti casi, un'attenta osservazione e attenzione, destinati  di conseguenza perfino a un pubblico adulto. Ciò va molto in contrasto con quello che invece frequentemente viene espresso nei confronti di tali "cartoni animati", in quanto giudicati come semplici programmi infantili; il tutto, poiché fin da piccoli, abituati a vedere in TV, anime rivolti nell'effettivo ad un pubblico minore con tematiche altrettanto semplici o molti anche eccessivamente censurati.

Oggi il numero degli anime è salito a dismisura e sono incalcolabili quelli da poter consigliare e da poter piacevolmente guardare per soddisfare qualsiasi preferenza. Alcuni in particolare si differenziano per le trame, trattanti temi di gran rilevanza. Ne è sicuramente un esempio "Violet Evergarden", nome della stessa protagonista, una ragazzina quattordicenne superstite dalla guerra in cui precedentemente costretta a combattere insieme ai soldati dall'età di 10 anni. Al termine di essa, troveremo un’ adolescente disorientata poiché inconsapevole della vita, se non quella in battaglia. Proprio da lì inizierà un percorso psicologico per la ragazza, una crescita in grado di coinvolgere gli spettatori tra pianti di commozione e qualche risata. Ancora possiamo citare  "A silent voice" o "la forma della voce" trattante la storia di due bambini, una sorda  e in particolare del suo bullo, che per attrarre i coetanei spesso la prenderà di mira, rompendogli anche gli apparecchi acustici. Una storia all'apparenza riguardante il bullismo, ma che affronta con coraggio tematiche delicate, mettendo al centro l’uomo, con un linguaggio comprensibile anche a un pubblico più piccino. Possiamo perciò definire in breve “A silent voice" un’opera sentimentale che ha come scopo l'accettare se stessi.

I problemi affrontati in tali animazioni oltre i temi sociali, incontrano anche, invece problemi politici, un chiaro esempio ne sono "Attack on Titan" al cui interno, sono presenti una gerarchia, un creare conflitti interni, complotti e tradimenti, in grado di offrire un'ampia visione sulla politica in maniera sofisticata e anche fantasiosa, in quanto agli occhi degli spettatori, l'ingannevole scopo dei personaggi al suo interno è inizialmente quello di uccidere dei giganti o anche "Beastars" la cui trama è alquanto articolata e piena di riferimenti a contenuti davvero pesanti, tra cui stereotipi, vendita di merce in nero e perfino la mafia.

Un ultimo, ma non meno importante anime, enormemente consigliato è sicuramente "Haikyuu". E’ un anime sportivo, leggero e adatto a chiunque e tratta della pallavolo. Nonostante non presenti tematiche innovative, esso ne presenta altre altrettanto importanti come, in primis, il gioco di squadra, la fiducia verso l'altro e il non arrendersi o abbattersi nonostante le difficoltà che possono incombere lungo la strada della vita. Il protagonista è
Hinata Shoyo, un liceale col sogno di diventare pallavolista nonostante la sua bassa statura che porterà degli ostacoli iniziali nel suo percorso. Questo piccolo protagonista assieme agli innumerevoli personaggi, tutti con una psicologia differente, ci insegna che con la determinazione e la passione nulla è irraggiungibile.

Insomma il mondo degli anime è vasto, originale e innovativo, e tutti con un po' di consapevolezza in più, dovrebbero entrare a farne parte anche solo lanciando una piccola occhiata. 

Asta Noemi e Guarnotta Cloe, 3^ A
Liceo delle Scienze Umane

sabato 19 febbraio 2022

SAN VALENTINO E I RAGAZZI DELLA GENERAZIONE Z



San Valentino, la festa dell’amore e degli innamorati, per molti è solo una festa commerciale, per altri la giornata perfetta per dimostrare il proprio amore. Qualcuno si è mai chiesto come vivono questa giornata i ragazzi della generazione Z ? 

Per questa giornata, esistono tre categorie di persone: gli innamorati, gli indifferenti e i depressi. Gli innamorati sono quelli che la mattina di San Valentino si svegliano presto per farsi belli per il proprio innamorato, i ragazzi comprano rose e cioccolatini  per la loro valentina da portare loro davanti scuola all'inizio o alla fine delle lezioni; chi riceve fiori e cioccolatini pubblica una foto su instagram con frasi d’amore, come: Grazie amore della mia vita; Sei tutto per me; ti amerò per sempre, il tutto accompagnato da un cuore colorato e una canzone che nel titolo contiene almeno un ”ti amo” . Dopo scuola si va con il proprio partner nel posto più romantico e meno costoso che si conosce, che  a Trapani è “Stuzzichello”,  ovviamente il conto si paga a metà, perché d'altronde siamo nel ventunesimo secolo!!!!

Finito il pranzo insieme, chi su uno scooter, chi in macchinina e chi mano nella mano sull'autobus, si torna a casa. Gli indifferenti sono quelli che realizzano che è “San Valentino” solo dopo aver visto la quinta storia su instagram, con frasi d’amore e nonostante questo della giornata dell’amore non gliene può fregare di meno, sono quelli che se ricevono fiori, cioccolatini e lettere d’amore li buttano nel cestino, tranne i cioccolatini, perchè il cibo non si spreca. Alla fine delle lezioni tornano a casa e continuano a vivere la loro giornata come una giornata qualunque. I depressi, se la mattina si alzano è già un miracolo, quando se ne incontra uno per strada c’è il rischio di scambiarlo per uno zombie, ha le borse sotto gli occhi perchè ha passato tutta la notte a piangere consapevole di dover passare un altro San valentino da solo. A scuola si siede all'ultimo banco in modo da farsi notare di meno, indossa una tuta, ha i capelli spettinati e durante la giornata sospira tristemente ogni cinque minuti e piange ogni dieci. Alla fine delle lezioni torna a casa trascinando i piedi. Durante il pomeriggio va a casa dell’amica single e insieme guardano film d'amore piangendo, mangiando gelato e altre schifezze e poi piange di nuovo perché si sente in colpa per quello che ha mangiato. Quando lo stato dei depressi arriva al limite arriva una splendida idea, quella di chiamare il proprio ex, per fortuna c’è l’amica single al loro fianco pronta a  dare loro uno schiaffo per allontanare questa malsana idea, ma a volte neanche una padellata in faccia dal più fedele degli amici, serve a svegliarli e alla fine  chiamano e se ne pentono subito dopo. Arrivati alla fine della giornata, quando gli inguaribili depressi hanno terminato le lacrime, solo allora decidono di darsi una sistemata e pubblicare una foto su instagram con una frecciatina diretta al loro ex o alla persona che li ha rifiutati. 


Nicole Di Martino 1^I

Liceo delle Scienze Umane opzione economico-sociale




 

venerdì 18 febbraio 2022

COMMENTI A FREDDO SUL FESTIVAL DI SANREMO


 Quest’ anno il Festival di Sanremo è stato senza alcun dubbio un vero successo, basti considerare il 64,9% di share totalizzato nella finale.                                                                                                         Il Festival della canzone italiana, ormai arrivato alla 72^ edizione, non smette mai di stupire, anche se non sempre positivamente.

La prima serata è stata aperta da Achille Lauro che, con la sua canzone “Domenica”, si è letteralmente battezzato sul palco del teatro Ariston; ovviamente la questione non poteva che essere discussa sul web e nei salotti televisivi.                                                                                                                 

Ma la vera domanda è:” A che scopo?”  La risposta, anche se un po’ sottintesa, è Visibilità, perché quando del talento non lo si possiede si cerca in tutti i modi di emergere, di far parlare.                             Il modo migliore di farsi conoscere dal pubblico è mostrare le proprie capacità e non di certo fare teatrino con la scusa di una canzoncina cantata male.

Prendiamo per esempio una persona sconosciuta al pubblico, che per tutte e cinque le sere avesse fatto le stesse recite di Lauro; sarebbe stato giudicato come un povero pazzo e quindi perché Achille può farlo e  chiunque altro no? Ovviamente perché al giorno d’oggi in cui il mondo purtroppo gira al contrario, Achille Lauro è giudicato un artista e, in quanto tale, deve essere libero di esprimere la propria arte liberamente.                                                                                                       

E comunque, a parte un’ esigua minoranza, ci sono stati cantanti che hanno reso unico questo festival, a cominciare dalle pietre miliari della musica italiana, Gianni Morandi, Iva Zanicchi, Massimo Ranieri per poi passare ai più giovani come Elisa, Emma, Fabrizio Moro e Noemi.

E come non parlare degli ospiti. 

Bellissima la prima serata con Ornella Muti che conserva benissimo il peso dei 66 anni anche se con un velo di timidezza e diffidenza e come non parlare dei Maneskin che sono ritornati dove tutto il successo è iniziato proprio un anno fa'.                                                                                                   

 La seconda serata del festival è stata animata da Checco Zalone che con dei semplici monologhi riesce a mandare dei messaggi che fanno sempre riflettere. 

La terza serata è stata interamente co-condotta da Drusilla Foer che, oltre all’evidente valore simbolico della sua presenza, a Sanremo è balzata anche nei cuori della maggior parte delle persone, azzerando ogni tipo di pregiudizio.

Della quarta serata ciò che rimane impresso nelle nostre menti è sicuramente il medley di Morandi e Jovanotti, amici davanti e dietro le telecamere, con una complicità a dir poco travolgente!

La finale ha lasciato tutti mozzafiato, dall’immensità e la spontaneità di Sabrina Ferilli al ricordo della signora della televisione, Raffaella Carrà venuta a mancare qualche mese fa. 

Questo festival ha fatto dunque venire i brividi come la canzone vincitrice di Mahmood e Blanco.             Che dire, non ci resta che aspettare il prossimo Sanremo.

Sergio Savalli I M
Liceo delle Scienze Umane opzione economico-sociale

sabato 12 febbraio 2022

PALLACANESTRO COLPITA DAL COVID

                      


Il Covid ferma lo sport in Sicilia. Il virus dilaga nell'Isola e a farne le spese sono anche le gare in varie discipline, dal calcio, al basket, alla pallanuoto. Nemmeno il mondo dello sport è infatti risparmiato dalla nuova ondata trainata dalla rapida diffusione della variante Omicron: aumentano i contagi tra gli atleti e i club alzano bandiera bianca. Termina con largo anticipo la stagione sportiva della palla a spicchi. Ad annunciarlo è la Federazione Italiana Pallacanestro che ha dichiarato ufficialmente concluse le competizioni a causa dell’emergenza Coronavirus, disponendo il blocco totale dell’attività e di tutti i campionati organizzati dai comitati regionali, dalla Serie C Gold alle categorie inferiori e i tornei giovanili. Questo è ciò che è successo poco più di un mese fa, quando tutto sembrava tornato ai tempi del primo lockdown e proprio in questo periodo, infatti, tra i numerosi positivi in quarantena, anche quattro membri della prima squadra della Pallacanestro Trapani; il resto del gruppo è stato messo in isolamento domiciliare seguendo le normative in vigore. Fortunatamente adesso si sta ritornando ad un ritmo simile a quello che si seguiva nella “normalità”, infatti tra qualche settimana inizieranno i campionati che interesseranno il settore giovanile del nostro club. La consapevolezza che si tornerà sul parquet a competere con altre società fa ritornare in ogni atleta la motivazione e fa ricordare il perché si ama questo fantastico sport: vincere o perdere insieme alla propria squadra che, nella maggior parte dei casi, diventa una seconda famiglia. E’ una grande conquista, dopo questo terribile periodo, poter ritornare in campo, perchè allenarsi senza poter competere e senza poter capire se la maniera con cui si sta cercando di migliorarsi sia sbagliata oppure giusta, è come  impegnarsi per cucinare un buon piatto, senza poterlo assaggiare. E’ come se mancasse il prodotto finale di tutti i sacrifici e la sensazione che si prova non è delle migliori: frustrazione, insoddisfazione, depressione e alcune volte voglia di mollare tutto. Per fortuna, però, durante questo spazio di tempo da dimenticare, per tutti gli atleti del basket c'è stato un "antidoto" capace di combattere tutti i malumori: il suono della palla a spicchi che scorre dentro quella particolare retina… ''CIUFF!''


Claudio Salone, I^ M
Liceo delle Scienze Umane opzione economico-sociale

mercoledì 9 febbraio 2022

STOP AL CATCALLING

 


Purtroppo, spesso, oggi, in Italia e in molti altri paesi, si sente parlare del fenomeno del CATCALLING, la cui traduzione letterale è “suono simile al lamento”. Il dibattito è iniziato dopo la denuncia social di Aurora Ramazzotti. Ma molti ancora si chiedono…che cos’è il catcalling? Si tratta principalmente di molestie di strada, come fischi e apprezzamenti di cattivo gusto rivolti alle donne, è la stessa Aurora Ramazzotti a spiegare la sua esperienza e il suo pensiero a riguardo con queste parole:” "È assurdo che nel 2021 si verifichino ancora di frequente certe situazioni. Fischi, commenti sessisti, davvero una schifezza". Forse ciò che ancora non si riesce a capire è la differenza tra gli apprezzamenti verbali e il catcalling;  infatti dietro la trappola delle parole che sembrano complimenti, il catcalling rivela in realtà una scarsa stima della donna, che viene per lo più assimilata a oggetto del desiderio, o peggio diventa bersaglio di frasi sessiste e volgari. Complimenti non richiesti e volgari sono indirizzati al corpo della vittima o al suo atteggiamento, fischi e strombazzate dall’auto, domande invadenti, perfino insulti veri e propri. Frasi come "Sei uno schianto", "Fai impazzire", "Vuoi uscire con me?", non sono un modo per cercare realmente di conoscere la ragazza, ma piuttosto una vera e propria molestia verbale. Tanto più pericolosa perché subdolo è il confine con la violenza psicologica; molto spesso infatti, chiunque subisca il catcalling, si sente responsabile dell’accaduto domandandosi continuamente cosa ci fosse di sbagliato in lui/lei. Per far sì che questo fenomeno diventi sempre meno frequente bisognerebbe istruire sin da piccoli i bambini, facendogli capire che bisogna rispettare tutti e non invadere gli spazi altrui senza averne il consenso. Si è tornati a parlare di catcalling in maniera più approfondita in seguito ad un evento che ha fatto scalpore, ossia quello della giornalista ventisettenne che, nella settimana in cui ci si  avvicinava alla ricorrenza contro la violenza sulle donne, fuori dallo stadio di Empoli è stata molestata mentre era in servizio  da un tifoso quarantacinquenne della fiorentina. Sembra infatti che il tifoso, una volta avvicinatosi alla giornalista Greta Beccaglia, abbia ritenuto consono e giusto toccarle il sedere; la ragazza, incredula, è riuscita solo a dire :“Scusami, non puoi fare questo, mi dispiace”. Nei giorni seguenti, però, Greta ha condiviso uno sfogo sul proprio profilo instagram, aggiungendo alla vicenda aspetti che non conoscevamo : “Terminata la diretta della partita sono uscita dallo stadio per aspettare i tifosi. Purtroppo hanno iniziato a urlarmi cose non carine mentre io ero a lavoro,e in diretta e uno di loro si è anche permesso di tirarmi uno schiaffo sul sedere. Non è stato un collegamento molto bello per me. Ho provato anche ad andare avanti e a sorridere.” E poi  “Mi hanno perfino detto che avevo un abbigliamento provocante. Avevo un jeans e un giubbotto… mi scoccia anche doverlo dire. Una cosa del genere è inaccettabile, in particolare nel 2021 quando una ragazza come me ce la mette tutta per diventare giornalista, per raggiungere il suo obiettivo e queste persone non esistono”.  Proprio come dice Greta, è inaccettabile tutto ciò, questa vicenda ci fa capire quanto il fenomeno del catcalling possa superare ogni limite immaginabile e soprattutto quanto  possa ferire chi lo subisce. 

Azzaro Azzurra, 3^ A

Liceo delle Scienze Umane



 

 

sabato 5 febbraio 2022

UN TEATRO PER LA CITTA' DI TRAPANI

 


 Fin dagli inizi del V secolo a.C. il teatro rappresenta una delle principali fonti di intrattenimento per un pubblico alla ricerca del sapere, ma anche del divertimento e dell'ironia. Il primo vero e proprio teatro risale alla Grecia classica, periodo a cui appartengono quasi la totalità delle opere teatrali ad oggi conosciute. In Italia i coloni greci siciliani, ma anche campani e pugliesi, portarono dalla madre patria anche l'arte teatrale che racchiude, oltre a imprese eroiche e scene di vita quotidiana,una vera e propria ondata di cultura e tradizioni. Dopo aver fatto questa premessa,spostiamo la nostra attenzione al primo teatro della città di Trapani,ovvero il Teatro Garibaldi, collocato precisamente in piazza Scarlatti,in cui oggi ha sede l'edificio della Banca d'Italia, ormai fuori uso. I lavori per la realizzazione del Teatro Garibaldi  iniziarono il 13 febbraio del 1843:era il teatro dei trapanesi, luogo di rappresentazioni  capaci di far emergere emozioni e sensazioni  e di donare conoscenza e insegnamenti agli spettatori. La comparsa di numerosi attori e cantanti, come il celeberrimo tenore Caruso, provenienti da tutto il mondo nella città di Trapani,  ha garantito non solo un forte impatto a livello culturale,nel relazionarsi con  idee e pensieri diversi , ma anche una coesione con questa nuova forma di intrattenimento e allo stesso tempo di comunicazione. Gli spettatori presenti in questo teatro,in grado di ospitare circa 700 persone,erano sia uomini colti ed eleganti, sia gente di ceto sociale medio/basso, desiderosi di assistere e di conoscere questo mondo della recitazione che non si limita soltanto alla bravura dell'attore,ma anche nella capacità di trasmettere  qualcosa,trasportare il pubblico in un'altra dimensione e lanciare messaggi,gesti e perché no informazioni capaci catturare lo spettatore curioso. Nella nostra città di Trapani era presente persino un piccolo teatro di Cabaret, per un pubblico più proiettato verso il divertimento,la danza,il canto e la commedia. Di questo teatro le informazioni a noi giunte sono ben poche,gli spettatori che assistevano a queste rappresentazioni erano di un ceto sociale basso e popolano, poiché a livello economico era piú accessibile rispetto al teatro classico,dove i temi affrontati erano anche piú complessi da interpretare. Tornando al Teatro Garibaldi,esso, purtroppo, fu bombardato nell'aprile del 1943 e, successivamente, abbattuto in quanto giudicato irrecuperabile. Ad oggi l'unico ricordo di questo splendido teatro rimangono le due colonne conservate,in primo luogo nella Basilica dell'Annunziata di Trapani,e successivamente collocate in via XXX Gennaio,con le quali è stato realizzato un monumento commemorativo in onore delle seimila vittime innocenti della II Guerra Mondiale. La mancanza di un teatro nel territorio Trapanese si percepisce, non solo per la mancanza di questa forma d'arte che dovrebbe essere presente in ogni città poiché degna di essere conosciuta e diffusa,ma anche per la voglia di non rimuovere tale oggetto di tradizione e cultura dalla nostra città e di rivivere il passato come forma di conoscenza per il presente L'ottica che si creerebbe,se fosse presente un teatro,non è solo quella di avere un luogo con un grande riferimento storico, che senza ombra di dubbio abbellisce la città a livello estetico,ma anche quello di regalare a noi giovani l'esperienza di vivere questa forma d'arte,ad oggi un po’  sottovalutata nel nostro territorio, e di riportare la consapevolezza che la nostra città di Trapani è stata ed è un luogo dove importanti vicende del passato rimangono impresse nel patrimonio artistico e culturale.

Fallucca Claudia, 3^ M

Liceo delle Scienze Umane opzione economico -sociale

martedì 1 febbraio 2022

LA TESTIMONIANZA DELLE SORELLE BUCCI, SOPRAVVISSUTE AD AUSCHWITZ

 


27 gennaio 1945, giorno in cui il mondo conobbe Auschwitz, i pochi sopravvissuti  e ciò che si nascondeva  di terribile all’interno delle recinzioni di filo spinato. Ma torniamo indietro di qualche anno e ricordiamo brevemente  l’inizio che portò  alla fine di migliaia di ebrei o come viene conosciuto oggi, al genocidio nazifascista.

 La guerra ebbe inizio l’1 settembre del 1939, quando Hitler con il suo esercito invase la Polonia, questo attacco doveva essere una Guerra Lampo, ma il 3 settembre dello stesso anno, Francia e Gran Bretagna dichiararono guerra alla Germania, preoccupate per l’intenzione di Hitler di avanzare verso l’Europa. È in questo modo che inizia il conflitto armato che procederà con un susseguirsi di eventi terribili che hanno fatto la storia e di cui ancora oggi non ci si capacita.
La guerra finì nel peggior modo possibile per l’intero mondo che, dal un lato scoprì le atrocità dell’Olocausto e lo sterminio di milioni di esseri umani e dall’altro dovette assistere alla brutalità di una nuova arma di distruzione di massa, la bomba atomica sganciata su Hiroshima e Nagasaki. l
’UDI (Unione donne in Italia) e il “Treno della memoria” hanno organizzato per lunedì 17 gennaio un incontro a distanza con le sorelle Bucci, al quale la nostra scuola ha partecipato con una rappresentanza di alunni delle quinte classi. Come ho detto prima, di sopravvissuti ce ne furono pochi, solo 50 bambini ne uscirono vivi tra cui le sorelle Bucci.
“Quella sera del 28 marzo del 1944 non la dimenticheremo mai. Eravamo già a letto, erano da poco passate le nove. Mamma Mira venne in camera, ci svegliò e ci vestì in fretta. Quando entrammo in soggiorno, c’erano molte persone, una di loro con un cappotto di pelle lungo. Nonna Rosa, inginocchiata davanti a questo uomo, lo implorava di lasciare a casa almeno noi bambini. L’ultimo ricordo è la luce della nostra abitazione. Poi siamo uscite al buio e ci hanno caricati su un blindato”, racconta Tatiana.
Tatiana Bucci aveva sei anni e sua sorella Andra quattro, quando i fascisti e i nazisti le catturarono nella casa di Fiume (allora città italiana), con loro anche il cuginetto Sergio de Simone, per portarli nel campo di sterminio di Auschwitz - Birkenau in Polonia. Figlie di un papà cattolico e di  madre ebrea.
Un delatore  segnò la condanna di Sergio, della sua mamma, della sua nonna, delle sue cuginette Andra e Tatiana e della loro mamma Mira: furono tutti deportati il 29 marzo 1944. Con la prima selezione, nonna Rosa fu mandata a destra, caricata su un camion e spedita al gas. Mamma Mira con le bimbe Andra e Tatiana raggiunsero Birkenau a piedi insieme a Gisella e Sergio. Furono tutti tatuati. Sergio e le cugine la stessa notte furono separati dalle loro mamme e spediti nella baracca dei bambini. Da quell’inferno Gisella tornò, tornò anche la sorella Mira e le bimbe Andra e Tatiana che furono scambiate per gemelle. Sergio no, lui non tornò. Fu sopraffatto dall’inganno dello scienziato Mengele una fredda mattina di novembre del 1944, quando entrò nella baracca dei bambini di Birkenau e disse: “Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti”. Sergio de Simone fece un passo in avanti insieme ad altri diciannove bambini. Furono trasferiti al campo di concentramento di Neuengamme, vicino ad Amburgo, usati come cavie di laboratorio e a loro fu iniettato il virus della tubercolosi che li porterà alla morte.
 Solo dopo tanti anni, le due bimbe ormai cresciute, furono accompagnate  a Roma e nel dicembre del 1946, ritrovarono i loro genitori. Oggi hanno i capelli bianchi e il volto solcato dalle rughe. Tatiana vive in Belgio con il marito; Andra in California, con le figlie. Per anni, però, in occasione della Giornata della Memoria sono sempre tornate ad Auschwitz, nella baracca dove hanno vissuto dal 4 aprile 1944 al 27 gennaio 1945, la fine di tutto. Ricordano come se fosse ieri il vagone del treno che le portò verso la Polonia. In quegli anni difficili, la gente si suddivideva in “delatori” o, come vengono riconosciuti da un paio di anni, “I Giusti tra le Nazioni”: sono gli eroi, per lungo tempo anonimi, che negli anni delle leggi razziali e delle deportazioni di massa nei campi, non esitarono a mettere a rischio la loro vita e quella delle loro famiglie, pur di salvare uno o più ebrei. Uno di essi fu Gino Bartali, un ciclista che, con la scusa di dover viaggiare parecchio per i suoi allenamenti e gare, nascondeva all'interno del sellino o del telaio della sua bici, dei documenti falsi destinati agli ebrei con la speranza che riuscissero a salvarsi. Bartali non lo raccontò mai a nessuno se non alla sua famiglia, furono i suoi figli a farlo e a chiedere la nomina per il padre.
Gli anni passano e il tempo scorre, pian piano i pochi testimoni ci lasciano e una delle paure che ci tormenta è se tutto questo verrà dimenticato, se tutto si ripeterà portandoci alla fine. Dobbiamo continuare a parlarne, a raccontare  di uno dei periodi più oscuri del passato, a tramandare tali fonti ai nostri figli, nipoti, perché tutto questo non deve essere dimenticato, non possiamo permettercelo, lo dobbiamo alle vittime.
Questo può avvenire grazie anche all’idea di un artista che si diffuse in tutto il mondo. La sua iniziativa fu quella di mettere delle pietre d’inciampo, ovvero delle piastrine di ottone, sulle quali sono incise  le informazioni degli ebrei deportati, davanti alle porte delle loro abitazioni, in modo tale che chiunque cammini lungo le strade, veda e ricordi.

Erika Culcasi, 3^ M

Liceo delle Scienze Umane opzione economico-sociale