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venerdì 22 aprile 2022

SINDROME DI TURNER: UNA TESTIMONIANZA DIRETTA

 



Convivere con la sindrome di Turner non è per niente facile per una giovane 14enne. Quando me l’hanno diagnosticata avevo 4 anni e non ne avevo nessuna consapevolezza. Adesso so che si tratta di  una condizione genetica in cui una femmina è parzialmente o completamente priva di un cromosoma x. Segni e sintomi possono variare tra le persone colpite. Spesso i sintomi sono: collo corto e palmato, orecchie basse, attaccatura dei capelli bassa nella parte posteriore del collo, bassa statura,  mani e piedi gonfi. In genere, le persone colpite non sviluppano  ciclo mestruale e seno senza trattamento ormonale e non sono in grado di avere figli senza tecnologia riproduttiva. Difetti cardiaci, diabete e bassi livelli di ormone tiroideo si verificano nel disturbo più frequentemente della media. La maggior parte delle persone con la ST ha un'intelligenza elevata, tuttavia, molti hanno problemi con la visualizzazione spaziale che potrebbero essere necessaria per imparare la matematica. Anche i problemi di vista e udito si verificano  spesso. La sindrome di Turner di solito non è ereditaria; piuttosto, si verifica durante la formazione delle cellule riproduttive in un genitore o nella prima divisione cellulare durante lo sviluppo. Non sono noti rischi i ambientali e l'età della madre non gioca un ruolo. La sindrome di Turner è dovuta ad un'anomalia cromosomica in cui tutto o parte di uno dei cromosomi X è mancante o alterato. La maggior parte delle persone ha 46 cromosomi, ma le persone con ST di solito ne hanno 45 in alcune o in tutte le cellule. L'anomalia cromosomica è spesso presente solo in alcune cellule, nel qual caso è nota come ST con mosaicismo. In questi casi i sintomi sono generalmente minori e forse non si verificano affatto. La diagnosi si basa sui segni fisici e sui test genetici. Non è nota alcuna cura per la sindrome di Turner. Il trattamento a base di ormoni può aiutare con i sintomi. Le iniezioni di ormoni della crescita  durante l'infanzia possono aumentare l'altezza. La terapia con estrogeni può favorire lo sviluppo del seno e dei fianchi. L'assistenza medica è spesso necessaria per gestire altri problemi di salute a cui è associata la ST. La sindrome di Turner si verifica tra una donna su 2.000 e una su 5.000 alla nascita. Generalmente le persone con ST hanno un'aspettativa di vita più breve, principalmente a causa di problemi cardiaci o diabete. L'endocrinologo americano Henry Turner ne descrisse per la prima volta la sintomatologia nel 1938. Nel 1964 si scoprì che era dovuta a un'anomalia cromosomica. La mia esperienza con questa sindrome è molto particolare. Quando la mamma era incinta e faceva  le ecografie, i medici le dicevano che ero un po' più piccola del normale e,questo, non era un problema perché anche mamma e papà erano bassi. Ma la mamma e il pediatra, quando avevo 4 anni, hanno notato che non stavo crescendo in altezza, quindi il pediatra ha fatto una mappa cromosomica e si è accorto che c'era un'anomalia nel cromosoma X, ma nel mio caso non era del tutto assente, ma in parte (in effetti ho il mosaicismo). Il pediatra ci ha mandato dal dottor Porcelli che era l'endocrinologo dell'ospedale “Cervello di Palermo. Mi ha fatto esami ed esami e mi ha diagnosticato questa sindrome. Mi ha spiegato cosa fosse nel modo più appropriato per la mia età e mi ha fatto fare la cura ormonale. Purtroppo questo medico è morto dopo un paio d'anni e siamo stati costretti a cambiare endocrinologo e ospedale. Da lì sono andata all'ospedale pediatrico "G. Di Cristina" di Palermo. Da quel giorno sono stata seguita dalla Dott.ssa Cristina Maggio, ma quando è scoppiata la pandemia mi ha mandato via mail il piano terapeutico. Durante il lockdown del 2020 avevo finito gli ormoni, allora, un giorno, guardando il telegiornale con la nonna, abbiamo sentito il presidente della Regione Musumeci che parlava di mandare una mail alla sua segreteria in caso di difficoltà. Mia nonna mi ha detto di provare a scrivergli, l'ho fatto e dopo 2 ore mi hanno risposto dicendo che mi avrebbero consegnato le fiale il prima possibile. Il giorno dopo, la Cittadella della Salute ha chiamato la mamma e le hanno detto che erano arrivate 14 fiale e da lì fino alla fine del lockdown ho potuto assumere regolarmente i miei ormoni. A novembre del 2020 andai a Marsala da un altro endocrinologo che veniva dal “San Raffaele” di Milano, il dottor Chiumello. Gli spiegammo la mia situazione e  disse che il dosaggio era troppo alto tanto che non avevo 12 anni, ma  21 e me li ha fatti sospendere per 2/3 mesi. Dopo questi mesi di disintossicazione ci ritornai,mi ha fatto rifare gli  esami, vide che erano tornati alla normalità e disse che potevo ricominciarli di nuovo, con un dosaggio più basso. Ora sono 1,49 m, mentre due anni fa ero 1,36. Non ho mai avuto problemi con questa sindrome, anche se alle medie sono stata vittima di bullismo, soprattutto per il mio aspetto fisico. Ora frequento il liceo linguistico, ho 14 anni e vivo la mia vita da adolescente serenamente.

Gentile Aurora Soraya, I H

Liceo Linguistico

martedì 12 aprile 2022

RITORNA LA PROCESSIONE DEI MISTERI : UN RACCONTO DALLA A ALLA Z

 


Tra pochi giorni  la processione dei Misteri, tanto amata dai trapanesi, e che è stata sospesa nei due anni dell'emergenza pandemica, ritornerà a sfilare per le vie del centro storico . A raccontarci la sua antica storia e, nel contempo, la sua attualità, Sergio Savalli, un giovane "appassionato" della I M.

 


 




 

mercoledì 6 aprile 2022

PREMIATA UN'ALUNNA DEL "ROSINA SALVO" AL CONCORSO GIORNALISTICO "SANTO DELLA VOLPE"

 


Venerdì 1 Aprile si è tenuta alla libera Università, la premiazione relativa al concorso giornalistico "Santo della Volpe", bandito dal Comune di Erice nell’ambito delle iniziative del NON TI SCORDAR DI ME, per ricordare la strage di Pizzolungo del 2 aprile 1985.

L'intera classe 3^ A  è stata invitata a partecipare e, recandosi presso il Polo universitario di Trapani, è stata accolta dai giornalisti Rino Giacalone, Salvo Palazzolo e Gabriele Paci, capaci di coinvolgerci con aneddoti personali, toccanti sui periodi bui del nostro territorio, all'apparenza inesistenti e completamente sconosciuti agli occhi di noi giovani, che hanno dato inizio all'incontro  donandoci  maggiore consapevolezza e mettendosi alla pari con ognuno di noi ascoltatori.

Ma il fulcro e l'interesse della classe era sicuramente rivolto alla premiazione; ognuno di noi, infatti, era entusiasta all'idea che una compagna sarebbe potuta essere la prima del podio e la ragazza in questione,  la nostra compagna Maria Sofia Tartamella nutriva una maggiore ansia e speranza nell’occupare il primo posto.

Ad annunciare i vincitori in ordine decrescente è stato il giornalista Rino Giacalone che con ironia, accresceva la curiosità all'interno del salone creando in tal modo un ambiente scherzoso e colmo di suspense fino alla fine.

Dopo una lunga attesa sfiancante, finalmente il tanto atteso nome è  arrivato, suscitando una grande esultanza di fierezza ed orgoglio da parte dell'intera classe nei confronti della vincitrice che si accingeva a leggere l'articolo vincente accompagnato da un video prodotto da lei stessa, tra gli applausi della platea e i complimenti dei giornalisti e dei sindaci  presenti.

Al fine della premiazione, Sofia, la protagonista dell'evento, interviene con le seguenti parole, colme di gratitudine e orgoglio per il proprio territorio:

"Sono molto felice di avere partecipato al concorso "Santo della Volpe" e che le mie produzioni siano state particolarmente apprezzate dai giornalisti. Per me era molto importante parlare della nostra realtà e farlo con parole comprensibili a tutti proprio perché parlo di Noi in quanto siciliani. Sono nata in una città,Palermo,in cui sono avvenute le stragi più citate e poi mi sono trasferita in un'altra città che non è da meno, dato gli omicidi di famosi giornalisti e gli attentati avvenuti per mano di Cosa Nostra. In prima persona mi appartiene poiché il suolo di queste città importanti li ho toccati, ci ho vissuto e ci vivo. È qualcosa che mi sento dentro, anche grazie alla storia degli agenti di scorta del giudice Palermo ,Nino Ruggirello e Salvatore La Porta,raccontata dalla moglie di quest'ultimo Lucia Calì. Credevo che il miglior modo per parlare della mia terra fosse citare anche loro nell'articolo e  intrattenere un dialogo a tu per tu con la Sicilia dicendo al lettore che è fatta sia di luci che di ombre,ma che esse sono fatte pure per essere illuminate con tanta pazienza e forza di volontà. Ed è per questo che ho dato al mio testo il titolo “ Cara Sicilia…”

Questa giornata è stata molto emozionante, sono felice di avere fatto questa esperienza che mi porterò nel cuore per sempre!".

Voglio aggiungere che l’emozione non ha riguardato solo Maria Sofia, ma tutti noi che abbiamo condiviso con lei questa esperienza tanto formativa.

Noemi Asta, 3^ A Liceo delle Scienze Umane

 

sabato 2 aprile 2022

CARA SICILIA...


Roberto Gueli, presidente dell'Ordine dei giornalisti Sicilia, premia Tartamella Maria Sofia alla presenza del sindaco di Erice e di Margherita Asta.

 

 Tartamella Maria Sofia con Margherita Asta ( da sinistra), Lucia Calì e Salvatore La Porta ( la moglie e un agente di scorta del giudice Palermo).


Il 02 aprile di 37 anni fa' nell'attentato di Pizzolungo al giudice Palermo e agli agenti della scorta perdevano la vita Barbara Rizzo e i suoi due gemellini, di soli 6 anni, Salvatore e Giuseppe; per ricordare quella efferata strage il Comune di Erice, nella settimana dell'anniversario, celebra il NON TI SCORDAR DI ME, e, nel contempo, bandisce il concorso giornalistico intitolato a "Santo della Volpe", giunto alla sua VI edizione, rivolto alle scuole secondarie di II grado della città. Il tema di quest'anno " Terramia. L'altro contagio, quello delle mafie" è stato egregiamente sviluppato da Tartamella Maria Sofia che frequenta la 3^ A dell'indirizzo Scienze Umane che, infatti, si è classificata al primo posto ricevendo grandi elogi anche per il video prodotto che accompagnava il testo.. Orgogliosi del brillante risultato conseguito, il Consiglio di classe, la Dirigente Giuseppina Messina e tutto il personale scolastico ci auguriamo che nel futuro si possano avverare le speranze espresse nel testo dalla nostra alunna " Terramia voglio lottare affinché tu sia tutta luce e niente più ombre…"


Ah Sicilia mia, quantu sì beddra! Non basterebbe un solo giorno per parlare di te a chi non ti conosce; ma tu meriti di essere narrata. Merita di essere raccontata la tua luce nelle focose giornate estive e il tuo caldo afoso che ci fa venir voglia di andar al mare e di sentire il suo odore che, ad ogni siciliano, fa battere il cuore, poiché odora di ‘’casa’’.Tu, cara mia Sicilia, sei caratteristica per gli ulivi e gli agrumi che colorano i nostri campi. Sei una vera bellezza già così! E, come se non bastasse, sei abbellita da monumenti artistici e chiese che sanno di antico e di sacro. Ma cosa saresti senza i tuoi siciliani… così passionali e così accoglienti che se, rifiuti un invito improvviso a cena, si offendono! Loro sono pronti a farti ridere con il loro dialetto e il loro peculiare gesticolare delle mani.

Sei piena di luce mia cara terra…

Ma sei piena anche di tante ombre. Sei ricolma di omertà, del sangue degli uomini giusti che si sono battuti contro un grande virus, molto potente, che si sparge a macchia d’olio semplicemente chiudendo gli occhi davanti all’illegalità e all’ingiustizia.  E noi ogni volta che dimentichiamo ciò che grandi uomini hanno fatto, consapevoli che erano già dei morti che camminavano, non gli rendiamo onore e riconoscenza e non ripercorriamo il loro modello.

Il tuo bel siciliano molto spesso fa finta di non comprendere. Ma perché ancora non si è capito che mafia non sono solo ‘’ammazzatine’’ o ‘’lupara bianca’’?

Mafia è anche quando vostro figlio vede un suo amichetto che butta la carta per terra e dice al padre che è sbagliato, ma lui per tutta risposta dice ‘’fatti i fatti toi e un parrare’’.

Il tuo bel siciliano non educa alla speranza del cambiamento e alla denuncia sociale. Se ci riflettiamo, anche i nostri proverbi  diffondono una subcultura mafiosa. Avete presente il proverbio ‘’Si nun si re nun fari leggi novi, lassa lu munnu comu lu trovi’’? Ecco, noi siamo così!

Se la Mafia esiste ancora è solo colpa nostra! E riconoscerlo è il primo passo per l’onestà verso il mondo in cui viviamo.

Noi siciliani ci lamentiamo del futuro che possono avere i nostri figli, con i politici che ci governano, ma a questo punto mi chiedo: Perché, se esistono uomini che fanno estorsioni ai negozianti davanti ai nostri occhi non andiamo in questura a denunciare? Perché quando vediamo per puro caso la targa di un’auto in fuga in cui vi sono gli assassini di un povero disgraziato appena ucciso sotto casa non andiamo a denunciare? Te lo dico io, Sicilia mia… Noi ragioniamo con il ‘’non vedo, non sento, non parlo’’.

Per non parlare del fenomeno  che noi chiamiamo ‘’ u piccolo favuri di n’ amico a mia assai caro’’. Noi lo sappiamo che si chiama in un’altra maniera! Diciamolo… si chiama corruzione. È per questo che spesso nei posti di lavoro troviamo persone senza competenze.

 Ciò che mi addolora ancor di più sono tutte quelle persone che dovrebbero essere gli ambasciatori degli ideali di giustizia, legalità e coraggio e invece spesso sono i più corrotti e magari hanno indiretti contatti con ‘’Cosa Nostra’’. Hanno, simbolicamente parlando, sfaldato e sporcato la nostra terra. 

Questa Mafia è ‘’un fumo che partìo da Sicilia e acchianao sempre chiù supra’’. Vive nell’aria che respiriamo e vola più che può, entrando nei nostri cervelli, nei nostri pensieri e nelle nostre parole. E si arriva al punto di ragionare come ‘’Cosa Nostra’’, che crede di avere il diritto di potere decidere della vita o della morte delle persone quando hanno intuito qualcosa che non doveva essere scoperto. Quando la “Mafia” scatena un attentato le vere crepe che si generano non sono quelle delle strade causate dal tritolo, quelle si aggiustano sempre. Ma chi le ricuce le crepe del cuore e dell’anima di chi ha visto morire o subire degli attentati al proprio marito, figlio o fratello? Non si ha nella coscienza la vita di una sola persona ma di tutta la sua famiglia.

Un esempio è la storia del capo-scorta del giudice Carlo Palermo che nell’attentato del 2 aprile 1985 si ritrovò fuori dall’auto blindata in piedi, con la mandibola rotta, lesioni alla gamba e un trauma cranico esteso.

La moglie Lucia Calì, che la mia classe ha avuto l’opportunità di incontrare a scuola l’8 marzo scorso e, come ci ha narrato lei stessa, gli è stata sempre accanto e ha sofferto per questo cambiamento così radicale nella  vita della sua famiglia. Per tutti quelli che subiscono queste atrocità la vita non è più la stessa. Si formano delle crepe non sanabili che perdurano nel tempo. Ma non è mai stato scritto da nessuna parte che non possiamo cambiare la nostra realtà!

Voglio crederci, cara Sicilia, che un giorno verranno onorati tutti i giornalisti che hanno avuto il coraggio di esprimere la loro denuncia sociale e che ci hanno permesso di poter parlare oggi a viso scoperto e a testa alta del fenomeno mafioso. Giornalisti che hanno voluto parlare di verità come Santo Della Volpe e altri che invece hanno pagato con la loro vita la scelta di non tirarsi indietro di fronte agli affari illeciti di ‘’Cosa Nostra’’. I figli tuoi, cara Sicilia, che hanno dato la vita per te sono tanti: Mario Francese, Peppino Impastato, Giuseppe Fava, Giovanni Spampinato e altri.

Terramia voglio lottare affinché tu sia tutta luce e niente più ombre…


Tartamella Maria Sofia, 3^ A

Liceo delle Scienze Umane

venerdì 1 aprile 2022

UN TRAGICO E DIABOLICO FINALE PER LA GERTRUDE MANZONIANA



La reinterpretazione che ci ha fornito Dario del classico e singolare personaggio manzoniano di Gertrude dimostra che ancora oggi, nel 2022, le letture scolastiche "tradizionali" suscitano curiosità ed interesse e stimolano la scrittura creativa...in chiave chiaramente "diabolica".

 GERTRUDE SOSTIENE L’ESAME CON IL PADRE VICARIO 

Era arrivato il giorno in cui Gertrude avrebbe dovuto sostenere l’esame con il padre vicario delle monache, la ragazza pensava a qualche modo per tornare indietro, per annullare ciò che era stato fatto in precedenza e ricominciare da capo, quando udì la voce di un servo mandato dal padre a chiamarla. Il principe vide Gertrude pensierosa, e anche un po' pentita della sua scelta, e subito cominciò a consolarla, le disse che tutto quello che si era fatto era stato fatto con il suo consenso, e le chiese di non rovinare tutto il percorso condotto egregiamente da lei fino a quell’attimo. Il vicario sarebbe arrivato a breve, e nell’attesa il principe consigliò a Gertrude come comportarsi, cosa dire e cosa non dire di fronte al vicario, e le raccomandò di prestare attenzione, poiché quell’esame avrebbe determinato il suo futuro. La giovane diventò rossa dall’imbarazzo, quindi il principe smise di fare il suo discorso e aspettarono il padre vicario insieme. Quando quest’ultimo arrivò, aveva già le idee ben chiare sul fatto che Gertrude fosse una ragazza con una grande vocazione, e si fidava del principe nonostante sapesse che la diffidenza era una delle virtù necessarie nel suo uffizio. Dopo i primi saluti e complimenti, il padre si congedò, lasciando la figlia al suo destino. Arrivarono le prime domande da parte del padre vicario:

-“È davvero un suo desiderio diventare monaca? Oppure è stata minacciata per farlo? Qualcuno più forte di lei la sta inducendo a farsi monaca?”

Di fronte a tutte queste domande la ragazza cominciò a sudare freddo, si sentiva messa sotto pressione e molto a disagio, chiuse gli occhi e cominciò a riflettere su come comportarsi, pensò a cosa suo padre le avrebbe fatto se avesse scoperto il suo tradimento, ma pensò anche che se la verità fosse venuta a galla, il padre sarebbe stato arrestato per aver provato a forzare la figlia a farsi monaca. Ad un certo punto aprì gli occhi e vide il padre vicario impaziente di sentire una risposta a tutte le sue domande, che non tardò ad arrivare:

-“Non ho mai desiderato diventare monaca, in cuor mio ho sempre saputo di voler vivere in società, mettere su famiglia, ed essere una donna normale. Inizialmente pensavo di essere fortunata, ma vedendo le altre bambine felici del loro destino, iniziai a essere invidiosa, volevo trovarmi al loro posto." La ragazza sentì il vicario sghignazzare, alzò lo sguardo e capì che l’uomo di fronte a lei non era il vero vicario, ma uno degli scagnozzi di suo padre. Per rimediare al suo errore accennò una risatina nervosa, come per dire che era tutto uno scherzo, ma ovviamente lo sgherro non ci cascò e corse subito a riferire il fatto al principe. La ragazza scoppiò a piangere in un attacco di panico, e non sapendo cosa fare spinse un mobile davanti alla porta per impedire l’entrata a chiunque. Pochi minuti dopo vide qualcuno provare ad aprire la porta con violenza, si spaventò e si mise a spingere il mobile per dargli più stabilità. Sentiva il padre che le urlava di uscire da quella dannata stanza, e, forse per paura o forse per stanchezza, Gertrude lasciò il mobile, che le cadde su una gamba a causa di una spinta brusca da parte del principe che cercava di entrare nella stanza bloccata. Quando quest’ultimo vide la ragazza ferita, non se ne preoccupò, poiché credeva che fosse un altro metodo di Gertrude per distogliere l’attenzione da quello che aveva fatto, e dopo averla fatta alzare da terra e averla gridata severamente, la fece rinchiudere nella stessa stanza in cui era stata rinchiusa dopo aver scritto la lettera al padre in cui ammetteva di non voler essere monaca. In quella stanza Gertrude era sola, affamata e con una possibile gamba rotta, ma nessuna di quelle cose la turbava più del rimorso che provava per aver tradito il padre e averlo deluso. Quella notte fu molto ardua per la ragazza, non riusciva a dormire, ma dopo essersi addormentata l’unico membro della famiglia che non l’avrebbe mai abbandonata, ma che purtroppo se ne era andato troppo presto, gli apparve in sogno, per consolarla, rassicurarla, ma soprattutto per ispirarla ad essere più forte che mai. Appena sveglia Gertrude si mise dietro la porta, aspettando la serva con la colazione. Quest’ultima, non vedendola, entrò nella stanza, ma sentì un rumore dietro di sé: il rumore della porta che Gertrude chiuse con dentro la serva. Essendo prima mattina lei pensava che il padre stesse ancora dormendo, ma con sua grande sorpresa lo vide in cucina ad attenderla insieme ad alcune monache, con le quali il principe si era messo d’accordo per portare Gertrude in convento anche contro la sua volontà (all’epoca le leggi erano importanti ma nessuno poteva resistere a una bella pila di monete). Le monache portarono la ragazza sulla carrozza, ma prima di partire lei vide lo sguardo compiaciuto che il padre aveva stampato in viso, nonostante sua figlia stesse per essere portata via senza il suo consenso. Questo episodio segnò così tanto Gertrude che sin dal suo arrivo in monastero cominciò a meditare metodi per vendicarsi del padre, facendolo soffrire come lui aveva fatto soffrire lei. Passava ore nella sua cella a riflettere, e qualche volta, guardando fuori dalla finestra, vedeva un ragazzo, con cui ebbe subito intesa. Il ragazzo, di nome Egidio, andava spesso a trovare Gertrude in convento, sia per passare del tempo insieme sia per pensare a come farla scappare da quel posto, e una notte, quando tutti dormivano, Gertrude e Egidio scapparono dal convento. Inizialmente l’intenzione dei ragazzi era di scappare dalla città, ma Gertrude pensò che avrebbe finalmente potuto vendicarsi del padre, quindi tornarono nella vecchia casa della ragazza e soffocarono il principe dormiente con un cuscino, poi scapparono insieme. La mattina seguente, vedendo che Gertrude era scomparsa e che il principe era morto tutti fecero due più due e capirono che la ragazza aveva assassinato il suo stesso padre, così cominciò una caccia nei suoi confronti. Intanto Egidio aveva trovato un amico disposto a dare alloggio a lui e a Gertrude, ma ben presto si scoprì che l’amico aveva avvisato le autorità per espiare un piccolo furto per il quale era stato ritenuto colpevole. Egidio si prese tutta la colpa per l’omicidio del principe e fu condannato a morte, Gertrude, invece, fu rinchiusa, ma non potendo vivere senza il suo amato decise di fare un digiuno, che la portò alla morte.

Dario Gennaro, 2^ E

Liceo Linguistico