Il concorso “Santo della Volpe”, giunto all'ottava edizione, è stato bandito dal comune di Erice in occasione del trentanovesimo
anniversario della strage di Pizzolungo del 2 Aprile 1985, un evento che ha
segnato profondamente la storia di Trapani e dell’intero Paese. Infatti il concorso
si propone di onorare la memoria di Barbara Rizzo e dei suoi figli, Giuseppe e
Salvatore Asta, vittime innocenti di un vile attentato di Cosa nostra,
perpetrato con l’intento di colpire il magistrato Carlo Palermo. Nonostante
siano trascorsi quasi quarant'anni da quel tragico giorno, la ricerca di verità e
giustizia continua a essere un imperativo morale per la comunità.
Ai partecipanti è stato chiesto di riflettere sul ruolo
cruciale della verità e della giustizia nell’evoluzione sociale e civile,
prendendo spunto da esempi emblematici come l’impegno di figure come Aldo Moro, Falcone,
Borsellino e Santo della Volpe. Attraverso la scrittura, l’arte, o altre forme
espressive, si vuole incoraggiare la partecipazione attiva dei giovani e di tutti
coloro che desiderano contribuire a illuminare le ombre del passato e a
costruire un futuro più giusto e solidale per la città di Trapani e per l’intera
società.
All'edizione di quest'anno ha partecipato anche la mia compagna Letizia che, con grande sorpresa, soprattutto sua, si è classificata al primo posto con un articolo giornalistico che, prendendo spunto da una frase dello statista Aldo Moro " La verità illumina,la verità dà coraggio", ha cercato di indagare sulla verità con metodi nuovi.
Francesca Vivona
3^ A Liceo delle Scienze Umane
Trentanove
anni sono trascorsi dalla strage di Pizzolungo del 2 Aprile 1985 che ha massacrato l’allora trentenne Barbara Rizzo e i suoi due
gemellini di soli 6 anni, Giuseppe e Salvatore Asta. Stavano percorrendo la strada provinciale che attraversa Pizzolungo,
quando furono brutalmente uccisi per mano della
criminalità organizzata mafiosa in un attentato che doveva colpire il magistrato Carlo
Palermo, rimasto invece illeso. Uccisi due volte dalle parole dell'allora sindaco
di Trapani, Erasmo Garuccio, "a Trapani la mafia non esiste",
sono rimasti per più di trent’anni senza giustizia né verità. Risale al 2019 il
quarto ed ultimo processo per la strage, conclusosi con la condanna di Vincenzo
Galatolo a trent'anni di reclusione. Non si fermò lì, però, la bramosia di
verità di Margherita Asta, sorella dei due gemellini defunti. “Per Pizzolungo
attendiamo ancora verità e giustizia, e non è vero che la verità non si possa
trovare, perché gira per le strade della mia città, ancora oggi”. Queste le sue
parole.
La
giustizia, che per essere tale deve essere frutto della verità che “illumina”,
è l’unica via da percorrere se si vuole compiere un passo avanti
nell’evoluzione dell’umanità intera. Se non si è consapevoli o addirittura non
si è a conoscenza dell’errore, come si può imparare, cambiare, migliorare? Non
si può. Di sicuro l’omertà e l’illegalità non sono il mezzo tramite il quale si
può raggiungere la verità.
La
consapevolezza in merito a ciò, soprattutto nei giovani, è incrementata
notevolmente in seguito alla perdita di figure come Falcone e Borsellino, uccisi
anch’essi per mano mafiosa in nome della giustizia, da loro cercata e
perseguita con mezzi legali. Eppure non sempre lo Stato e la mafia sono in
contrasto, anzi molto spesso è capitato che i due fossero alleati segretamente
attraverso figure istituzionali corrotte. Ma quindi il potere giudiziario è
l’unico a poter scavare nella realtà dei fatti?
No. Lo
hanno fatto e continuano instancabilmente a farlo tutti i giornalisti che con
passione e determinazione cercano la verità.
Lo hanno
fatto Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi a Mogadiscio il 20 marzo 1994. Sì,
sono passati trent’anni ed ancora non siamo giunti alla verità... Ilaria Alpi
era una giornalista appassionata. Quando è stata uccisa aveva solo 33 anni, li
avrebbe compiuti due mesi dopo. Oggi l'inchiesta
giudiziaria, alla Procura di Roma, formalmente è ancora aperta ma non sappiamo
niente. L'unica
verità storica è che Ilaria Alpi è stata uccisa mentre faceva bene il suo
lavoro e per oltre 20 anni la sua famiglia, con la voce di suo padre Giorgio e
la madre Luciana, non ha mai smesso di chiedere giustizia e verità. Ecco perché
non dobbiamo mai smettere di parlarne.
Santo
della Volpe, ex presidente della Federazione Nazionale della Stampa italiana e
storico inviato del Tg3, era un semplice giornalista che però per tutta la vita
ha lottato dalla parte degli ultimi, contro ingiustizie e censure che ledevano il
diritto alla conoscenza dei cittadini. Pertanto l’attività giornalistica non è pura
narrazione, ma molto spesso attraverso le inchieste può far luce sulle vicende
più oscure. Non serve una toga da giudice o una divisa per aiutare la
collettività a giungere ad una profonda conoscenza dei fatti. La giustizia e la
verità non si studiano in un’aula universitaria, né dipendono dalla professione
che si esercita. Esse sono valori di un cuore puro e luminoso e di uomini
coraggiosi. Ecco perché per Aldo Moro “La verità illumina, la
verità dà coraggio”. Egli aveva coraggio e cercava la verità, o forse era la
verità a incoraggiarlo a continuare a cercarla fino all’ultimo istante della
sua vita. Sono passati quarantacinque anni dalla sua scomparsa, ma la sua
figura è sempre rimasta un emblema della giustizia.
La verità
e la giustizia sono fatte di uomini buoni con buoni intenti, di giovani e
anziani, uomini e donne, ufficiali e civili. Semplicemente persone sincere,
curiose, e consapevoli che non esiste futuro senza
passato. Ma soprattutto che senza presente, senza le nostre azioni quotidiane,
nulla cambierà mai. E resteremo eternamente in un buio omertoso a vagare e
vivere passivamente, senza una meta, senza lasciare un segno. E così lasceremo
le idee di grandi uomini che hanno perso la vita per la giustizia, senza delle
gambe per mezzo delle quali continuare a camminare, come avrebbe voluto
Giovanni Falcone.
In una
città che di verità ne ha oscurate tante e per tanto tempo, forse è giunto il
momento di utilizzare gli occhi luminosi dei giovani per ridare un futuro a Trapani.
Letizia Monaco
classe 3^ A
Liceo delle Scienze Umane