Parlare della guerra è importante. Spesso, nell'immaginario comune, ciò che non accade a noi o vicino a noi, non è qualcosa di cui ci dobbiamo preoccupare.
Certo, chi non vive in prima persona le tragedie della guerra ha meno da temere, ma la lontananza non deve diventare sinonimo di indifferenza.
Anche solo informarsi su ciò che sta succedendo costituisce un'alternativa più significativa dell'ignoranza.
In gran parte dell'Italia si sono tenute delle manifestazioni per mostrare il proprio supporto nei confronti di coloro che, tutt'oggi, sono vittime di questa rivalità. Alcune di queste manifestazioni, sono finite in modo diverso da ciò che era stato originariamente pensato. Basti ricordare gli avvenimenti a Pisa, dove si è fatto ricorso alla violenza per contenere un gruppo di ragazzi —i quali, preciso, non erano armati e si trattava per la maggior parte di minorenni— che si erano presentati in un corteo per protestare riguardo ciò che sta succedendo.
Non nego che il corteo dovesse andare controllato in qualche modo, in quanto stava iniziando a degenerare nel caos, ma certamente si sarebbe potuto trovare un metodo alternativo più pacifico per contenere la folla che era formata prevalentemente da minorenni.
Questo comportamento non ha senso soprattutto se si pensa che tra la folla di ragazzi ci potrebbero essere stati volti conosciuti, o addirittura parenti di questi. Avrebbero ancora trovato la forza di punirli in un modo così pesante?
In questi
giorni ci giungono le notizie del dilagare delle proteste studentesche nelle
università americane come nell'Università del Texas e alla Fordham
University di New York, e alla Columbia University, dove sono
stati arrestati decine di manifestanti pro-Palestina..
Cristina Tinnirello
Classe 3^Ba
Liceo Artistico "Michelangelo Buonarroti"
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