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venerdì 31 marzo 2023

IL MIO VIAGGIO AD AUSCHWITZ

 



Auschwitz è il nome tristemente famoso perché ricorda il campo di concentramento nazista in cui sono morte milioni di persone: prigionieri politici , asociali , omosessuali, comunisti, zingari e disabili.

Ho avuto la possibilità di visitarlo ed è stata un’esperienza che porterò sempre nel cuore.

Camminando per Auschwitz c’erano molti blocchi di mattoni dove una volta c’erano uffici amministrativi, oppure delle stanze dove avvenivano smistamenti ed esperimenti su bambini, soprattutto gemelli e su uomini.

Ho visitato tanti padiglioni : capanne in cui c’erano anche esposti due tonnellate di capelli , 64 mila valigie, scarpe ,miliardi di occhiali ,pettini, vestiti ,protesi.

Alla fine di queste capanne c’era un muro chiamato “muro della morte,” luogo in cui venivano uccise le persone con un colpo di pistola alla nuca.

Il tempo era brutto. Ricordo il freddo gelido che penetrava nelle ossa , pioveva , e, a volte, arrivavano anche folate ondate di vento gelido che facevano tremare i denti.

Durante questo cammino l’unica persona a parlare era la guida; poi nessuna persona faceva domande , semplicemente seguivamo la guida infreddoliti pensando al fatto che noi eravamo congelati con giacconi , guanti e scarponi ma , invece loro, i deportati erano con un’unica uniforme leggera a righe. Che tristezza!


Ricordo l’entrata di quella che dal vivo sembra una grande bocca che inghiotte profondamente e non lascia scampo, a nessuno. Una bocca dalla quale erano certi di entrare da una porta e probabilmente di uscirne se non da quei camini. Prima di andare a fare le docce raccomandavano di ricordarsi il numero dove attaccavano i vestiti, ma erano presi in giro .

La camera a gas e il forno crematorio mi hanno inorridito. 

Arriviamo dopo in quello che chiamano Campo di sterminio di Birkenau (Auschwitz II )

Ricordo tante cose : quelle che non posso dimenticare sono le baracche di legno , alcune delle quali  purtroppo sono state bruciate dai nazisti per cancellare ogni traccia dell’orrore che commettevano per paura di essere scoperti,  le camere a gas con i segni e graffi e l’odore acre. 

Un carrello di legno per trasportare le ceneri umane è ancora lì.

Dopo un po’ di metri mi apparvero di nuovo quei binari e quel vagone nel quale non si poteva salire perché anche se erano fuori dal museo e non avevano alcuna copertura che li proteggesse quelli erano pezzi di storia e potevano essere solo fotografati. Il terriccio che calpestavo era sacro.

Alla fine di questa esperienza abbiamo deciso che ognuno di noi avrebbe ricordato un deportato accendendo una candela e pronunciando a voce alta il suo   nome.

Quelli erano campi di annientamento della persona senza nome, senza affetti, senza speranza. Solo un grande senso di vuoto e tristezza, quello rimasto nel mio cuore.

Maria Pia Cipro, 1^ I

Scienze Umane opzione economico sociale


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