Il 02 aprile di 37 anni fa' nell'attentato di Pizzolungo al giudice Palermo e agli agenti della scorta perdevano la vita Barbara Rizzo e i suoi due gemellini, di soli 6 anni, Salvatore e Giuseppe; per ricordare quella efferata strage il Comune di Erice, nella settimana dell'anniversario, celebra il NON TI SCORDAR DI ME, e, nel contempo, bandisce il concorso giornalistico intitolato a "Santo della Volpe", giunto alla sua VI edizione, rivolto alle scuole secondarie di II grado della città. Il tema di quest'anno " Terramia. L'altro contagio, quello delle mafie" è stato egregiamente sviluppato da Tartamella Maria Sofia che frequenta la 3^ A dell'indirizzo Scienze Umane che, infatti, si è classificata al primo posto ricevendo grandi elogi anche per il video prodotto che accompagnava il testo.. Orgogliosi del brillante risultato conseguito, il Consiglio di classe, la Dirigente Giuseppina Messina e tutto il personale scolastico ci auguriamo che nel futuro si possano avverare le speranze espresse nel testo dalla nostra alunna " Terramia voglio lottare affinché tu sia tutta luce e niente più ombre…"
Ah Sicilia mia, quantu sì beddra! Non basterebbe un solo giorno per parlare di te a chi non ti conosce; ma tu meriti di essere narrata. Merita di essere raccontata la tua luce nelle focose giornate estive e il tuo caldo afoso che ci fa venir voglia di andar al mare e di sentire il suo odore che, ad ogni siciliano, fa battere il cuore, poiché odora di ‘’casa’’.Tu, cara mia Sicilia, sei caratteristica per gli ulivi e gli agrumi che colorano i nostri campi. Sei una vera bellezza già così! E, come se non bastasse, sei abbellita da monumenti artistici e chiese che sanno di antico e di sacro. Ma cosa saresti senza i tuoi siciliani… così passionali e così accoglienti che se, rifiuti un invito improvviso a cena, si offendono! Loro sono pronti a farti ridere con il loro dialetto e il loro peculiare gesticolare delle mani.
Sei
piena di luce mia cara terra…
Ma
sei piena anche di tante ombre. Sei ricolma di omertà, del sangue degli uomini
giusti che si sono battuti contro un grande virus, molto potente, che si sparge
a macchia d’olio semplicemente chiudendo gli occhi davanti all’illegalità e
all’ingiustizia. E noi ogni volta che
dimentichiamo ciò che grandi uomini hanno fatto, consapevoli che erano già dei morti che camminavano, non gli rendiamo
onore e riconoscenza e non ripercorriamo il loro modello.
Il
tuo bel siciliano molto spesso fa finta di non comprendere. Ma perché ancora
non si è capito che mafia non sono solo ‘’ammazzatine’’
o ‘’lupara bianca’’?
Mafia
è anche quando vostro figlio vede un suo amichetto che butta la carta per terra
e dice al padre che è sbagliato, ma lui per tutta risposta dice ‘’fatti i fatti toi e un parrare’’.
Il
tuo bel siciliano non educa alla speranza del cambiamento e alla denuncia
sociale. Se ci riflettiamo, anche i nostri proverbi diffondono una subcultura mafiosa. Avete
presente il proverbio ‘’Si nun si re nun
fari leggi novi, lassa lu munnu comu lu trovi’’? Ecco, noi siamo così!
Se
la Mafia esiste ancora è solo colpa
nostra! E riconoscerlo è il primo passo per l’onestà verso il mondo in cui
viviamo.
Noi
siciliani ci lamentiamo del futuro che possono avere i nostri figli, con i
politici che ci governano, ma a questo punto mi chiedo: Perché, se esistono
uomini che fanno estorsioni ai negozianti davanti ai nostri occhi non andiamo
in questura a denunciare? Perché quando vediamo per puro caso la targa di
un’auto in fuga in cui vi sono gli assassini di un povero disgraziato appena ucciso sotto casa non andiamo a denunciare? Te
lo dico io, Sicilia mia… Noi ragioniamo con il ‘’non vedo, non sento, non parlo’’.
Per
non parlare del fenomeno che noi
chiamiamo ‘’ u piccolo favuri di n’ amico
a mia assai caro’’. Noi lo sappiamo che si chiama in un’altra maniera!
Diciamolo… si chiama corruzione. È
per questo che spesso nei posti di lavoro troviamo persone senza competenze.
Ciò che mi addolora ancor di più sono tutte
quelle persone che dovrebbero essere gli ambasciatori
degli ideali di giustizia, legalità e coraggio e invece spesso sono i più
corrotti e magari hanno indiretti contatti con ‘’Cosa Nostra’’. Hanno, simbolicamente parlando, sfaldato e sporcato
la nostra terra.
Questa
Mafia è ‘’un fumo che partìo da Sicilia e acchianao sempre chiù supra’’.
Vive nell’aria che respiriamo e vola più che può, entrando nei nostri cervelli,
nei nostri pensieri e nelle nostre parole. E si arriva al punto di ragionare come ‘’Cosa Nostra’’, che
crede di avere il diritto di potere decidere della vita o della morte delle
persone quando hanno intuito qualcosa che non doveva essere scoperto. Quando la
“Mafia” scatena un attentato le vere
crepe che si generano non sono quelle delle strade causate dal tritolo, quelle
si aggiustano sempre. Ma chi le ricuce le crepe del cuore e dell’anima di chi
ha visto morire o subire degli attentati al proprio marito, figlio o fratello?
Non si ha nella coscienza la vita di una sola persona ma di tutta la sua
famiglia.
Un
esempio è la storia del capo-scorta del giudice Carlo Palermo che nell’attentato
del 2 aprile 1985 si ritrovò fuori dall’auto blindata in piedi, con la
mandibola rotta, lesioni alla gamba e un trauma cranico esteso.
La
moglie Lucia Calì, che la mia classe ha avuto l’opportunità di incontrare a
scuola l’8 marzo scorso e, come ci ha narrato lei stessa, gli è stata sempre
accanto e ha sofferto per questo cambiamento così radicale nella vita della sua famiglia. Per tutti quelli che
subiscono queste atrocità la vita non è più la stessa. Si formano delle crepe
non sanabili che perdurano nel tempo. Ma non è mai stato scritto da nessuna
parte che non possiamo cambiare la nostra realtà!
Voglio
crederci, cara Sicilia, che un giorno verranno onorati tutti i giornalisti che
hanno avuto il coraggio di esprimere la loro denuncia sociale e che ci hanno
permesso di poter parlare oggi a viso scoperto e a testa alta del fenomeno
mafioso. Giornalisti che hanno voluto parlare di verità come Santo Della Volpe
e altri che invece hanno pagato con la loro vita la scelta di non tirarsi
indietro di fronte agli affari illeciti di ‘’Cosa Nostra’’. I figli tuoi, cara
Sicilia, che hanno dato la vita per te sono tanti: Mario Francese, Peppino
Impastato, Giuseppe Fava, Giovanni Spampinato e altri.
Terramia
voglio lottare affinché tu sia tutta luce e niente più ombre…
Tartamella Maria Sofia, 3^ A
Liceo delle Scienze Umane
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