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sabato 2 aprile 2022

CARA SICILIA...


Roberto Gueli, presidente dell'Ordine dei giornalisti Sicilia, premia Tartamella Maria Sofia alla presenza del sindaco di Erice e di Margherita Asta.

 

 Tartamella Maria Sofia con Margherita Asta ( da sinistra), Lucia Calì e Salvatore La Porta ( la moglie e un agente di scorta del giudice Palermo).


Il 02 aprile di 37 anni fa' nell'attentato di Pizzolungo al giudice Palermo e agli agenti della scorta perdevano la vita Barbara Rizzo e i suoi due gemellini, di soli 6 anni, Salvatore e Giuseppe; per ricordare quella efferata strage il Comune di Erice, nella settimana dell'anniversario, celebra il NON TI SCORDAR DI ME, e, nel contempo, bandisce il concorso giornalistico intitolato a "Santo della Volpe", giunto alla sua VI edizione, rivolto alle scuole secondarie di II grado della città. Il tema di quest'anno " Terramia. L'altro contagio, quello delle mafie" è stato egregiamente sviluppato da Tartamella Maria Sofia che frequenta la 3^ A dell'indirizzo Scienze Umane che, infatti, si è classificata al primo posto ricevendo grandi elogi anche per il video prodotto che accompagnava il testo.. Orgogliosi del brillante risultato conseguito, il Consiglio di classe, la Dirigente Giuseppina Messina e tutto il personale scolastico ci auguriamo che nel futuro si possano avverare le speranze espresse nel testo dalla nostra alunna " Terramia voglio lottare affinché tu sia tutta luce e niente più ombre…"


Ah Sicilia mia, quantu sì beddra! Non basterebbe un solo giorno per parlare di te a chi non ti conosce; ma tu meriti di essere narrata. Merita di essere raccontata la tua luce nelle focose giornate estive e il tuo caldo afoso che ci fa venir voglia di andar al mare e di sentire il suo odore che, ad ogni siciliano, fa battere il cuore, poiché odora di ‘’casa’’.Tu, cara mia Sicilia, sei caratteristica per gli ulivi e gli agrumi che colorano i nostri campi. Sei una vera bellezza già così! E, come se non bastasse, sei abbellita da monumenti artistici e chiese che sanno di antico e di sacro. Ma cosa saresti senza i tuoi siciliani… così passionali e così accoglienti che se, rifiuti un invito improvviso a cena, si offendono! Loro sono pronti a farti ridere con il loro dialetto e il loro peculiare gesticolare delle mani.

Sei piena di luce mia cara terra…

Ma sei piena anche di tante ombre. Sei ricolma di omertà, del sangue degli uomini giusti che si sono battuti contro un grande virus, molto potente, che si sparge a macchia d’olio semplicemente chiudendo gli occhi davanti all’illegalità e all’ingiustizia.  E noi ogni volta che dimentichiamo ciò che grandi uomini hanno fatto, consapevoli che erano già dei morti che camminavano, non gli rendiamo onore e riconoscenza e non ripercorriamo il loro modello.

Il tuo bel siciliano molto spesso fa finta di non comprendere. Ma perché ancora non si è capito che mafia non sono solo ‘’ammazzatine’’ o ‘’lupara bianca’’?

Mafia è anche quando vostro figlio vede un suo amichetto che butta la carta per terra e dice al padre che è sbagliato, ma lui per tutta risposta dice ‘’fatti i fatti toi e un parrare’’.

Il tuo bel siciliano non educa alla speranza del cambiamento e alla denuncia sociale. Se ci riflettiamo, anche i nostri proverbi  diffondono una subcultura mafiosa. Avete presente il proverbio ‘’Si nun si re nun fari leggi novi, lassa lu munnu comu lu trovi’’? Ecco, noi siamo così!

Se la Mafia esiste ancora è solo colpa nostra! E riconoscerlo è il primo passo per l’onestà verso il mondo in cui viviamo.

Noi siciliani ci lamentiamo del futuro che possono avere i nostri figli, con i politici che ci governano, ma a questo punto mi chiedo: Perché, se esistono uomini che fanno estorsioni ai negozianti davanti ai nostri occhi non andiamo in questura a denunciare? Perché quando vediamo per puro caso la targa di un’auto in fuga in cui vi sono gli assassini di un povero disgraziato appena ucciso sotto casa non andiamo a denunciare? Te lo dico io, Sicilia mia… Noi ragioniamo con il ‘’non vedo, non sento, non parlo’’.

Per non parlare del fenomeno  che noi chiamiamo ‘’ u piccolo favuri di n’ amico a mia assai caro’’. Noi lo sappiamo che si chiama in un’altra maniera! Diciamolo… si chiama corruzione. È per questo che spesso nei posti di lavoro troviamo persone senza competenze.

 Ciò che mi addolora ancor di più sono tutte quelle persone che dovrebbero essere gli ambasciatori degli ideali di giustizia, legalità e coraggio e invece spesso sono i più corrotti e magari hanno indiretti contatti con ‘’Cosa Nostra’’. Hanno, simbolicamente parlando, sfaldato e sporcato la nostra terra. 

Questa Mafia è ‘’un fumo che partìo da Sicilia e acchianao sempre chiù supra’’. Vive nell’aria che respiriamo e vola più che può, entrando nei nostri cervelli, nei nostri pensieri e nelle nostre parole. E si arriva al punto di ragionare come ‘’Cosa Nostra’’, che crede di avere il diritto di potere decidere della vita o della morte delle persone quando hanno intuito qualcosa che non doveva essere scoperto. Quando la “Mafia” scatena un attentato le vere crepe che si generano non sono quelle delle strade causate dal tritolo, quelle si aggiustano sempre. Ma chi le ricuce le crepe del cuore e dell’anima di chi ha visto morire o subire degli attentati al proprio marito, figlio o fratello? Non si ha nella coscienza la vita di una sola persona ma di tutta la sua famiglia.

Un esempio è la storia del capo-scorta del giudice Carlo Palermo che nell’attentato del 2 aprile 1985 si ritrovò fuori dall’auto blindata in piedi, con la mandibola rotta, lesioni alla gamba e un trauma cranico esteso.

La moglie Lucia Calì, che la mia classe ha avuto l’opportunità di incontrare a scuola l’8 marzo scorso e, come ci ha narrato lei stessa, gli è stata sempre accanto e ha sofferto per questo cambiamento così radicale nella  vita della sua famiglia. Per tutti quelli che subiscono queste atrocità la vita non è più la stessa. Si formano delle crepe non sanabili che perdurano nel tempo. Ma non è mai stato scritto da nessuna parte che non possiamo cambiare la nostra realtà!

Voglio crederci, cara Sicilia, che un giorno verranno onorati tutti i giornalisti che hanno avuto il coraggio di esprimere la loro denuncia sociale e che ci hanno permesso di poter parlare oggi a viso scoperto e a testa alta del fenomeno mafioso. Giornalisti che hanno voluto parlare di verità come Santo Della Volpe e altri che invece hanno pagato con la loro vita la scelta di non tirarsi indietro di fronte agli affari illeciti di ‘’Cosa Nostra’’. I figli tuoi, cara Sicilia, che hanno dato la vita per te sono tanti: Mario Francese, Peppino Impastato, Giuseppe Fava, Giovanni Spampinato e altri.

Terramia voglio lottare affinché tu sia tutta luce e niente più ombre…


Tartamella Maria Sofia, 3^ A

Liceo delle Scienze Umane

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