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giovedì 3 aprile 2025

LA COSTITUZIONE, MOTORE DI GIUSTIZIA E FONTE DI DEMOCRAZIA

 




Per la nona edizione del concorso giornalistico "Santo della Volpe, bandito dal Comune di Erice, nell'ambito delle iniziative del "Non ti scordar di me", a quaranta anni dalla stage di Pizzolungo del 2 aprile 1985, agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado è stato chiesto di elaborare un testo nella forma di articolo giornalistico con la seguente traccia: "Le democrazie hanno bisogno di persone capaci di nuotare controcorrente, di denunciare gli errori commessi, di insistere con maggiore forza su un problema quanto più risulta sgradito» (cit. James Bryce, storico, giurista e politico britannico). Individuate chi secondo voi oggi rispecchia questa descrizione. Realizzate una intervista, anche nella forma immaginaria, sul tema del contrasto alle mafie come dovere costituzionale".

Questo è l'articolo scritto  da Monaco Letizia, con il quale ha partecipato al concorso.

La lotta alla criminalità organizzata è una delle battaglie più dure e complesse del nostro Paese, una sfida che richiede coraggio, determinazione e un profondo senso di giustizia. Pochi uomini incarnano questi valori come il Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, da sempre in prima linea contro la ‘ndrangheta e le mafie e mosso da un profondo rispetto verso gli impegni costituzionali.

Nato in Calabria e cresciuto con un forte senso del dovere, Gratteri ha dedicato la sua vita alla difesa della legalità, affrontando minacce e pericoli con una determinazione incrollabile. La sua esperienza diretta lo ha reso una delle figure più autorevoli nella lotta alla criminalità organizzata, non solo sul piano giudiziario ma anche su quello culturale ed educativo, promuovendo la prevenzione nelle scuole e sensibilizzando i giovani sull’osservanza della legalità.

INTERVISTATORE: Salve signor Gratteri. Grazie per aver accettato di farsi intervistare. La gente la conosce come “Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri”, quale ruolo ha il suo lavoro nella sua vita?

NICOLA GRATTERI: Grazie a voi. Sono molto entusiasta del mio lavoro perché promuove valori su cui ho fondato la mia intera vita, come quello della giustizia. Sono nato in una famiglia della Calabria poco abbiente ma ricca di sani valori e, seguendoli, ho scelto di diventare magistrato e procuratore.

I: Quando ha scelto di diventare Procuratore e cosa lo ha convinto a non abbandonare mai il suo lavoro?

N.G.: Non c’è stato un momento preciso. Sin da piccolo ho sentito molto il peso del dovere costituzionale proprio di ogni cittadino, poi ho anche vissuto la mia infanzia circondato da fenomeni mafiosi: fin dalla frequenza della scuola media inferiore ho conosciuto la violenza e la prepotenza, esercitate da figli di ‘ndranghetisti. Ho sempre cercato di perseguire la giustizia e di aiutare gli altri e, ad oggi, lo faccio concretamente con il mio lavoro; non a caso, pur potendo scegliere tra le Procure di tutt’Italia, essendo tra i primi in graduatoria, ho scelto volutamente la mia terra. Per quanto riguarda i “pericoli” cui incorro, ogni lavoro ha il suo. Ogni giorno io potrei subire attentati, come un qualsiasi operaio potrebbe essere schiacciato da una macchina… Ho scelto in maniera consapevole di voler far del bene alla collettività, accettando tutti i rischi del caso e ne ho ricavato la libertà. Sarò per sempre grato alla mia famiglia per i valori che mi ha insegnato, perché probabilmente, se fossi nato in una famiglia di ‘ndranghetisti, oggi sarei capomafia...

I: Crede che quindi la causa principale della diffusione della mentalità mafiosa sia l’appartenenza familiare?

N.G.: Certamente! ma non solo. La famiglia non la possiamo scegliere, per cui molta importanza ha l’azione di prevenzione e sensibilizzazione promossa dalle scuole. Nelle aule i ragazzi dovrebbero ricevere gli strumenti per capire il mondo, per pensare in modo autonomo, per discernere tra giusto e sbagliato senza influenze esterne. Quando i ragazzi tornano a casa dopo la scuola, se sono fortunati e vivono in famiglie oneste, avranno una vita normale, se invece appartengono a famiglie mafiose non hanno scelta: devono compiere azioni criminali anch’essi. Ecco perché io stesso mi impegno ad avere un confronto diretto con i ragazzi in scuole e università; non basta combattere le mafie, serve fare prevenzione.

I: A proposito di conferenze nelle scuole. Ha mai incontrato il giovane siciliano Felice Piemontese?

N.G.: Purtroppo non ho mai avuto il piacere di incontrarlo ma lo conosco e lo stimo molto, mi piace che i giovani siano i primi promotori di un’educazione alla legalità. Felice ha compreso che la prima arma con cui poter combattere il fenomeno mafioso è l’informazione e ha promosso incontri con procuratori antimafia. Sono i giovani come lui la nostra ricchezza, infatti è proprio a partire dai pensieri dei giovani che ho accettato inviti dalle scuole e ho scritto il libro, di cui vado molto fiero, “La mafia fa schifo”.

I: Parlando invece della manifestazione “Non ti scordar di me”, a cui lai ha voluto aderire con quest’intervista, il lavoro di Margherita Asta è un esempio di come il dolore personale possa trasformarsi in lotta per la giustizia. Quanto è importante la testimonianza delle vittime?

N.G.: È essenziale. Margherita ha perso la madre e i due fratellini in un attentato destinato ad un magistrato antimafia e da allora la sua vita è stata dedicata interamente alla lotta contro la criminalità organizzata. I familiari delle vittime di mafia ci ricordano il prezzo che si paga quando lo Stato non è abbastanza forte contro le mafie. La loro voce è un continuo promemoria a non abbassare mai la guardia. Ma non bisogna mai dimenticare che il contrasto alle mafie non deve essere motivato esclusivamente dal dolore personale. Il motore della giustizia deve essere la Costituzione stessa, con i suoi principi fondamentali di libertà, giustizia e uguaglianza, condizioni necessarie per una vera democrazia.

Letizia Monaco

Classe 4^ A

Scienze Umane

 

 

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