Parlare della guerra è importante. Spesso, nell'immaginario comune,
ciò che non accade a noi o vicino a noi, non è qualcosa
di cui ci dobbiamo preoccupare.
Certo, chi non vive in prima persona le tragedie della guerra ha meno da temere, ma la lontananza non deve diventare
sinonimo di indifferenza.
Anche solo informarsi su ciò che sta succedendo costituisce un'alternativa più significativa dell'ignoranza.
Attualmente la guerra in Palestina ha causato, sta causando e causerà ancora
migliaia di morti,
e non è di certo un avvenimento da prendere alla leggera o, addirittura, ignorare.
In gran parte dell'Italia si sono tenute delle manifestazioni per
mostrare il proprio supporto nei
confronti di coloro che, tutt'oggi, sono vittime di questa rivalità. Alcune di
queste manifestazioni, sono finite in
modo diverso da ciò che era stato originariamente pensato. Basti ricordare gli avvenimenti a Pisa, dove si è fatto ricorso
alla violenza per contenere un gruppo
di ragazzi —i quali, preciso, non erano armati e si trattava per la maggior
parte di minorenni— che si erano
presentati in un corteo per protestare riguardo ciò che sta succedendo.
Nonostante l'ordine sia presumibilmente arrivato da qualcun altro, come
può un poliziotto arrivare a prendere a manganellate dei ragazzi che non stavano
facendo ricorso ad alcun tipo di violenza?
Non nego che
il corteo dovesse andare controllato in qualche modo, in quanto stava iniziando
a degenerare nel caos, ma certamente si sarebbe potuto
trovare un metodo alternativo
più pacifico per contenere la folla che era formata prevalentemente da minorenni.
Questo comportamento non ha senso soprattutto se si pensa che tra la folla di ragazzi
ci potrebbero essere stati
volti conosciuti, o addirittura parenti di questi. Avrebbero ancora trovato
la forza di punirli in un modo così pesante?
In questi
giorni ci giungono le notizie del dilagare delle proteste studentesche nelle
università americane come nell'Università del Texas e alla Fordham
University di New York, e alla Columbia University, dove sono
stati arrestati decine di manifestanti pro-Palestina..
Ora la domanda che mi pongo è: se uno dei pochi modi per fare veramente
qualcosa riguardo la questione in
Palestina ci viene vietato, o comunque diventa poco sicuro continuare a farlo, come dovremmo noi
giovani —che ancora non abbiamo tutti i mezzi
possibili per fare ciò che vogliamo e come lo vogliamo, in quanto limitati
dall'età— mostrare il nostro supporto,
il nostro interesse
verso qualcosa di cui tutti dovremmo preoccuparci, se poi i risultati sono così disastrosi?
Cristina Tinnirello
Classe 3^Ba
Liceo Artistico "Michelangelo Buonarroti"